giovedì 16 febbraio 2017

P COME PREVENZIONE

“Ogni euro investito in prevenzione ne fa risparmiare otto per danni evitati”: è con questa frase di F. Gatti (consorzio di bonifica della media Pianura bergamasca, 2014) che introduco questo articolo. L’importanza della prevenzione è enorme, non solo dal lato economico, ma anche dalla (mancata!) conta di vite umane. In un paese come il nostro, con elevatissimo rischio idrogeologico, sismico e vulcanologico, investire sulla prevenzione è un imperativo: ma cosa si intende per prevenzione? 



Il 69% dei comuni italiani ha un rischio di frane e smottamenti, che va da "trascurabile" a "molto elevato" (fonte LookOutNews, basato sui dati gentilmente concessi dalla Protezione Civile (2015).


Possiamo rispondere a questa domanda distinguendo tre categorie. 
1) prevenzione in caso di fenomeno atmosferico: allorquando ci sono scontri tra masse d’aria notevolmente diverse (caldo-umida da una parte e fredda dall’altra) lo sviluppo di temporali di forte intensità dà luogo a possibili frane e smottamenti, nonché ad alluvioni lampo (localizzate e improvvise, difficilmente prevedibili) oppure areali (su vasta scala, lente ed inesorabili, ma più facilmente contrastabili)
2) prevenzione nel caso di fenomeno sismico-vulcanologico: a differenza di quello meteo, questi casi non sono prevedibili (soprattutto i terremoti), pertanto le soluzioni sono da un lato costruire abitazioni e luoghi pubblici antisismici e dall’altro informare la popolazione residente su quali strategie adottare in caso di emergenza
3) informare i cittadini, tramite lezioni a scuola, esercitazioni di evacuazioni in caso di scossa tellurica, comportamenti da adottare in caso di frana, smottamento, alluvione o valanga.

Questi tre punti spesso sono poco divulgati, anche se per fortuna negli ultimi anni c’è stata una maggiore sensibilizzazione (dopo i continui disastri!): il caso recente migliore (che riporto ancora) è stato nell’allarme ottimamente recepito per l’eventuale alluvione dell’ottobre 2016 per la città di Genova. Dopo la disastrosa alluvione del novembre 2011, dove persero la vita 11 persone perché tutte le scuole e gli uffici erano aperti (!) si è deciso che quando c’è l’allerta massima (cosa sovente in autunno) si devono limitare al minimo tutti gli spostamenti e lasciare le strade libere per eventuali mezzi di emergenza. E ha funzionato, grazie sia all'allerta, sia al fatto che il sistema autorigenerante del 2016 è stato -per fortuna- meno severo di quello del 2011.
Il punto 2, purtroppo, non è ancora affatto recepito correttamente, come ha dimostrato il devastante terremoto del 24 agosto 2016 (e successive scosse) del Centro Italia. La popolazione, che risiedeva in abitazioni fuori luogo e insicure, nonché del tutto priva di nozioni scientifiche in caso di scossa tellurica, ha adottato i comportamenti più svariati. Ricordo un’affermazione del geologo M. Tozzi che era “sconvolto” dal fatto che, non appena ci fu una delle interminabili scosse successive, alcuni abitanti che vivevano in tende (luoghi SICURI che NON crollano) sono schizzate fuori per strada impaurite, quando dovrebbero essere “rassicurate” nel vivere (momentaneamente) in un luogo strutturalmente sicuro.

Personalmente reputo fondamentale inserire in ambito scolastico l’ora settimanale di educazione ambientale, dove sarebbe opportuno informare e coinvolgere i giovani circa i cambiamenti climatici, la prevenzione, i comportamenti etico-ambientali da adottare e da evitare: se insegniamo loro come si crea una società resiliente (cioè che si adatta a forzanti esterne senza essere stravolta) eviteremo in futuro la conta di vite umane e risparmieremo una montagna di soldi (presi dalle tasse, ricordo, quindi soldi di tutti!): se non seguiremo questa via, ogni anno avremo una nuova strage e continueremo a dire “non abbiamo imparato nulla, si sapeva che era una zona a rischio e non è stato fatto nulla”. Il nostro territorio è già di per sé fragile e se entrano in gioco i cambiamenti climatici possono essere ulteriori dolori…

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