In questi giorni spopolano nei mezzi di comunicazione di massa le locuzioni improprie di gelo intenso, sciabolata artica, aria polare ecc.
La verità è che per una volta dicembre ha fatto...dicembre! Anche se le anomalie in alcune aree del Nord sono negative di circa 1°, questo mese ha finalmente avuto i connotati tipici del primo mese invernale.
Attenzione però a non cadere nell'opposto, ovvero nella banalizzazione fohn = inverno del piffero oppure anticiclone = primavera. Gli anticicloni HANNO FATTO SEMPRE PARTE del nostro clima, anche nel'800. La differenza con allora è che erano molto più frequenti le ondate di gelo (quelle vere...!), mentre oggi sono una rarità; vengono addirittura scambiate per tali delle semplici saccature colme di aria fredda, che portano momentaneamente le temperature sotto media.
Geopotenziale 500hPa a cura di Meteociel: una configurazione simile non è "ondata di gelo intenso", ma una tipica ondulazione invernale. Dovremmo preoccuparci se non ne vedessimo neanche una in dicembre (vedi l'anno scorso)
Ci tengo a precisare che era normale anche allora avere OCCASIONALI punte di 10-12° in Pianura Padana anche in pieno inverno: non dobbiamo pensare che 150 anni fa gli inverni fossero come oggi in Bielorussia (dove ci sono in media 25 giornate di ghiaccio su 31 in gennaio). All'epoca erano presenti sia saccature, sia anticicloni, solo che oggi questi ultimi sono più presenti (e più caldi) che all'epoca.
Immagine presa dalla pagina Facebook "Serenissima Meteo", origine sito www.rifuginrete.com: la foto della webcam è stata scattata più o meno nello stesso periodo dell'anno, a sinistra l'inverno passato, a destra in questo inverno. Per i media quella di sinistra sarebbe normale e quello a destra "inverno gelido"; io invece dico che quella a sinistra è uno scempio e quello a destra è inverno alpino.
Meteorologia, scienza ed etica ambientale. Riflessioni scientifiche. Economia ambientale. Riscaldamento globale. Davide Santini cerca, nel suo blog, di spiegare in maniera chiara le complesse tematiche ambientali e territoriali, divulgando la cultura scientifica in ogni suo ambito.
I miei articoli ordinati per argomento
giovedì 28 dicembre 2017
lunedì 6 novembre 2017
Quando i cieli autunnali stupiscono...
Autunno sinonimo di cieli grigi e anonimi? Non sempre!
Ecco un esempio lampante di come particolari condizioni meteorologiche
possano originare contrasti cromatici davvero suggestivi.
Oggi, nonostante diversi impegni di lavoro, ho portato con me l’attrezzatura
professionale e ho scattato un bel po’ di foto: ne propongo due.
La risposta è che le condizioni meteo vigenti, ovvero goccia fredda ben strutturata, nucleo molto freddo in quota e
ritornante odierna (unito alla tramontana di stanotte) hanno
ripulito l’aria in maniera ottimale, spazzando
via numerosi agenti chimici più o meno antropici, foschia, caligine e nuclei di
condensazione, donando un’atmosfera pulita e cristallina (tra
un rovescio e l’altro).
Il risultato è sintetizzato nelle due foto.
Le due immagini mostrano il Gruppo delle Grigne, il Resegone e il Pizzo dei
Tre Signori visti da Milano sud, questa mattina attorno alle 10: distano 70-120
km e si vedevano nitidissime. In questo caso la visibilità superava di gran
lunga i 200 km, poi è intervenuta la ritornante da S/SE, portando un nuovo
carico di piogge e la visibilità è calata a qualche chilometro…
Le foto sono state scattate con una fotocamera professionale in modalità manuale, ho calibrato io esposimetro e apertura diaframma. Sarebbero venute così bene anche in modalità automatico? Sì ma...puntando correttamente il mirino (cercando il soggetto che si vuole enfatizzare). Sarebbero venute bene anche con un cellulare? ASSOLUTAMENTE NO; nessun telefono (neanche i più costosi) hanno fotocamere che rendono così, servono comunque a immortalare soggetti meteorologici, ma non danno la nitidezza, il contrasto e la cromatura delle suddette foto. Per avere scatti di qualità, serve innanzitutto un buon modello di fotocamera (reflex, bridge) e un po' di conoscenza nel campo della fotografia (anche se non mi addentro troppo nelle tecniche fotografiche).
Vi sono piaciute le foto? Vi invito a seguire la mia pagina personale (link qui sotto), dove tratto di meteorologia e fotografia, con un tocco di personalità, oltre a consigliarvi quando ci sono le condizioni meteo ottimali per scattare foto di qualità.
lunedì 30 ottobre 2017
REPORTAGE DEGLI INCENDI AL CAMPO DEI FIORI DI VARESE
Questo weekend sono stato in Zona Laghi a documentare la
drammatica situazione degli incendi. Un compito che non avrei mai voluto vedere
e che stupisce ancor di più se pensiamo che dovremmo essere nel periodo più
piovoso dell’anno.
Le foto sono state scattate da me in data 29 ottobre tra i comuni di Azzate, Albizzate, Bodio, Galliate Lombardo e Cazzago Brabbia.
Un paio di considerazioni.
La prima è di natura climatica: è vero che non è la prima siccità presente in territorio italiano, né l’unica dell’autunno, ma è altresì vero che difficilmente si può far peggio del 2017 in termini di disponibilità di acqua da nord a sud. Un’annata veramente nera che continua a far parlare di sé, dopo un inverno secco, la terza primavera più secca di sempre, un’estate rovente e un mese di ottobre da annali per la secchezza (con davvero pochi eguali nella storia del clima italiano): dovesse fare un inverno piovoso i danni sarebbero comunque notevoli anche nel 2018. Viceversa, se dovesse prolungare questo status anche nell’inverno sarà un grosso problema la disponibilità idrica nell’estate 2018, visto l’inequivocabile trend termico del nostro semestre estivo.
La prima è di natura climatica: è vero che non è la prima siccità presente in territorio italiano, né l’unica dell’autunno, ma è altresì vero che difficilmente si può far peggio del 2017 in termini di disponibilità di acqua da nord a sud. Un’annata veramente nera che continua a far parlare di sé, dopo un inverno secco, la terza primavera più secca di sempre, un’estate rovente e un mese di ottobre da annali per la secchezza (con davvero pochi eguali nella storia del clima italiano): dovesse fare un inverno piovoso i danni sarebbero comunque notevoli anche nel 2018. Viceversa, se dovesse prolungare questo status anche nell’inverno sarà un grosso problema la disponibilità idrica nell’estate 2018, visto l’inequivocabile trend termico del nostro semestre estivo.
La seconda considerazione è politico-economica. Ma vogliamo
fare sta benedetta prevenzione? Lo so, sono un provocatore, ma anziché buttare
soldi pubblici in mille cose inutili (grandi infrastrutture dubbie, opere
incompiute, nuovi centro commerciali, sprechi di denaro ecc.), potremmo incentivare la prevenzione, a cominciare dalle scuole, agli enti locali e
provinciali. Come? Ecco alcuni esempi: investire su manutenzione boschi,
promuovere opere di conservazione dell’acqua (queste sì utili!) che permettano
di mantenere riserve idriche per anni infausti come questo, investire su impianti idrici efficienti, aumentare sensibilmente stipendi
e forniture delle forze di pubblica sicurezza, tutelare di più parchi e boschi, inasprire
pesantemente le pene per chi provoca incendi dolosi (anni di galera e costo di risanamento a
carico del criminale).
La politica e le amministrazioni DEVONO pensarci,
anziché rimpallarsi spesso le colpe come sovente accade.
Un grazie sentito va a chi rischia costantemente la vita,
alle forze dell’ordine, ai volontari e a tutti quelli che sono riusciti in
tempo a fermare il nuovo divampare di incendi (ricordo che il Centro Geofisico
Prealpino rischiava di essere coinvolto).
Cosa possiamo fare tutti nel nostro piccolo? Piantare un albero, io l’ho già fatto diverse volte, non costa nulla ed è un piccolo modo
per contribuire a dare nuova vita.
mercoledì 18 ottobre 2017
ALPI SPOGLIE DI NEVE: UN RAFFRONTO TRA 2010 E 2017
Siccità continua, estate caldissima, mesi secchi e soleggiati: ecco le conseguenze.
Le due foto sono della seconda metà di ottobre del 2010 (sopra) e della seconda metà di ottobre 2017 (sotto).
Non penso servano ulteriori parole. Commentate pure voi.
Gentili Utenti: siete stati tantissimi a commentarmi e a visualizzare questo articolo. Vi invito a seguirmi nella mia pagina Facebook dove tratto simultaneamente di meteorologia e fotografia.
domenica 1 ottobre 2017
ANNO IDROLOGICO 2017: UN ANNO NERO PER (QUASI) TUTTA ITALIA
Il giorno 30 settembre s’è concluso l’anno idrologico 2017:
ricordo che, dal punto di vista temporale, si intende il periodo che va dal 1°
ottobre fino al 30 settembre dell’anno successivo, proprio perché si tende a
far iniziare quando ci sono (o ci dovrebbero!) essere grandi piogge e si
conclude con la fine del periodo di ablazione dei ghiacciai.
Paesaggio a cui siamo sempre più abituati in estate (e che forse vivremo ancora di più in futuro): foto riferita alla Sardegna, giugno 2017 (cortesia AmbienteInforma SNPA)
Tutti noi ci siamo accorti della severa siccità occorsa
nell’estate 2017, la quale, a parte locali eccezioni alpine, ha interessato
tutto lo Stivale, con conseguenze serie su colture e aridità dei terreni. Pochi,
però, ricordano che il vero problema di quest’anno non è stata l’estate, o
meglio non è stato l’unico problema. La siccità del 2017 non è nata affatto in
estate, bensì in inverno. Lo scorso inverno, infatti, c’è stata una gravissima
penuria d’acqua, che è arrivata a un impressionante -95% su DUE MESI (dicembre
e gennaio) su vastissime aree italiane, soprattutto del Nord Ovest. La
primavera è stata anch’essa piuttosto siccitosa e soprattutto estremamente
soleggiata: queste due caratteristiche hanno inciso tantissimo già sulla
disponibilità idrica. Se poi ci mettiamo la seconda estate più calda di sempre
a livello italiano…ecco che la frittata è fatta!
Precipitazione cumulata nell'anno idrologico 2017 (estremamente arido) in relazione al 2009 (estremamente piovoso) per un'area comprendente parte delle province di Parma e Piacenza (cortesia ArpaEMR): 467 mm caduti nell'area in questione contro gli 853 della media. Stiamo parlando di 386 mm di deficit su un anno: è un valore enorme? Seguitemi nel mio ragionamento: se prendiamo un deficit analogo su un'area grande come l'Emilia Romagna (22453 km2) e 1 mm equivale a 1 l/m2 (un litro su metro quadro, purtroppo questo sito non ha notazione scientifica), il deficit idrico della regione è di 22453 * 10^6 * 386 = 8.7 * 10^12, ovvero sono mancati circa NOVE MILA MILIARDI DI LITRI DI ACQUA: decidete voi l'aggettivo giusto).
Inoltre l’anno idrologico 2017 è stato il terzo consecutivo
senza abbondanza di precipitazioni; 2015 e 2016 infatti erano stati leggermente
sotto media, mentre quest’ultimo è stato estremamente secco.
Una considerazione importante: in riferimento alle regioni
settentrionali, stiamo vivendo un cambiamento del regime precipitativo, con un
mese estremamente piovoso alternato a tanti mesi altrettanto secchi. L’esempio
dell’anno 2017 idrologico è lampante: ottobre e soprattutto novembre 2016
piovosissimi, dicembre e gennaio aridi, primavera secchissima con quasi tutte
le piogge concentrate in 20 giorni a cavallo di aprile e maggio, estate arida
con rapidi impulsi ricchi di nubifragi, settembre di nuovo piovosissimo (anche
se non per tutti): un clima così era tipico del meridione qualche decennio fa e
ora fa parte anche del settentrione, un migliaio di km più a nord. Chi ha
orecchie per intendere intenda.
Se hai apprezzato questo articolo puoi seguirmi tramite il box qui sotto oppure condividerlo.
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mercoledì 27 settembre 2017
SUNSETS
Hi to all,
I show you two sunsets taken in last summer.
They represent Alps in particular chromatic conditions.
If you like my photos, you can follow me, I will update new sunsets little by little.
Enjoy it.
I show you two sunsets taken in last summer.
They represent Alps in particular chromatic conditions.
If you like my photos, you can follow me, I will update new sunsets little by little.
Enjoy it.
martedì 26 settembre 2017
FOTOGRAFIE PAESAGGISTICHE DI DAVIDE SANTINI
Buongiorno a tutti, da un po' di tempo a questa parte ho deciso di dare un taglio molto più fotografico al mio sito: le foto che pubblico ovviamente hanno sempre a che fare con la meteorologia, ma voglio dare un tocco di personalità ai miei post: non scriverò più, almeno per ora (causa tempo e lavoro) articoli di meteorologia, mentre pubblicherò sovente foto adeguatamente commentate.
vi invito a visionare le mie foto e a commentarle (anche le critiche costruttive saranno ben accette).
Intanto vi propongo questo "assaggio": buona visione!
FOTO 1: SUPERCELLA DEL 5 GIUGNO 2017
FOTO 2: FESTIVAL TEMPORALESCO NOTTURNO PRESO DALLA MIA TERRAZZA UN PAIO DI SETTIMANE FA
FOTO 3: CORRENTI SETTENTRIONALI IN CIMA AL COLLE SAN VIGILIO (BERGAMO)
FOTO 4: PANORAMA TERSO INVERNALE COL CONTRASTO CITTA' - CAMPAGNA - MONTAGNE
domenica 9 luglio 2017
GIUGNO 2017: ANCORA UNA VOLTA UN MESE DALLE CARATTERISTICHE ESTREME
Il mese di giugno è stato, in buona parte del Nord Italia,
il secondo più caldo di sempre, secondo (seppur molto distante) solo al 2003. La
causa va cercata nelle continue risalite del promontorio africano, che ha
portato una ventina di giorni con anomalie veramente impressionanti. Nonostante
non si sia battuto alcun record termico, quest’anno ha giocato molto il
perdurare di tali situazioni di blocco: ancora una volta hanno pesato non tanto
i singoli picchi (benché alti!) ma l’ampiezza di tale anomalia nel tempo.
Supercella fotografata da me il 5 giugno: il mese è stato temporalesco su Milano e mi ha offerto notevoli spettacoli.
Guardando “al mio orticello” (Milano sud), la massima del mese è stata
34.2°C, valore non certo strabiliante, visto che è stato superato nei mesi di
giugno 2012, 2013, 2014 e con ogni probabilità anche nei caldi mesi di giugno
1881, 1935, 1982, 1996 e 2003 (ho spulciato i dati di Brera, Varese e località
limitrofe): stesso discorso per le minime, il valore di 24.4°C, benché
altissimo, è stato anche qui superato diverse volte (25.3°C la minima più alta
nel 2013!).
Ciò che impressiona, invece, è la persistenza di condizioni
di stabilità sub-tropicale: lasciando stare il caso fuori scala del 2003, nel
secondo insieme di anni proposto sopra i picchi sono stati più alti ma molto
meno duraturi: in altre parole, nel mese di giugno si sono superati anche i
37°C, ma in maniera estremamente occasionale e breve. In questo 2017 le massime
>30°C sono state ben 14, un valore decisamente elevato per il mese, dove per
decenni è stato una rarità superarli (e quando accadeva si superavano 3-5
giorni): da quanto tengo nota dei dati (2010) tutti i mesi di giugno hanno
avuto almeno un superamento, mentre ci sono stati anni (’60-’70, ma anche nel
1800) dove le massime mensili non superavano i 27-28°C!
Il capitolo piogge invece è, se possibile, ancora più
bizzarro: la Lombardia occidentale ha concluso un mese piovosissimo (accumuli
di 250-500 mm in zona laghi!), ma anche Milano sud ha accumulato ben 104.2 mm,
valore che rende il mese “piovoso” (la media è 69): non si può neanche dire che
siano stati estremamente mal-distribuiti, poiché i giorni di pioggia sono stati
7, con altrettanti episodi temporaleschi (ovvero in perfetta media, sebbene
concentrati a inizio e fine mese). Eppure si è sentito dire di una siccità
gravissima: il punto è che la Lombardia occidentale (e annesso Alto Piemonte e
VDA) sono stati un’isola felice, con accumuli importanti e prati quasi sempre
verdi. Tutto un altro clima dal Pavese in giù, con crisi idrica veramente
preoccupante, calmierata solo in parte dai temporali di fine mese (siccità
drammatica, in particolare, per buona parte del centro-sud).
Per concludere, si ripete la solfa del mese di aprile (siveda QUI): giugno 2017 è stato (per le mie lande) caldissimo, soleggiatissimo e
piuttosto piovoso. Bizzarrie da riscaldamento globale.
Punti di rugiada tipici del Bangladesh (27°C!!) il giorno 24 giugno, il più caldo (e insopportabile) del mese (fonte CML).
Gli accumuli finali per la Lombarda: valori altissimi (fin oltre 500 mm!), che fanno specie in confronto alla siccità che sta vivendo il paese. Che il GW possa mettere a contatto aree dai valori pluviometrici diametralmente opposti?
martedì 20 giugno 2017
L’USCITA DEGLI STATI UNITI DAGLI ACCORDI DI PARIGI: CONSIDERAZIONI E CONSEGUENZE
La notizia dell’uscita degli USA dalla COP21 ha fatto in
fretta il giro del mondo la sera del 1° giugno. Questa scelta, scellerata e
incomprensibile, dimostra -ancora una volta- quanto a certi potenti siano a
cuore la ricchezza e il consumo di risorse invece del benessere delle
generazioni future. Un’amministrazione di un Paese così rilevante a livello
mondiale che taglia fondi a NASA, ricerca climatica, sanità e aumenta
finanziamenti agli armamenti la dice lunga…
Premetto e ribadisco ancora una volta che il global warming
c’è ed è quasi tutta colpa nostra: evitare per favore commenti contrari, perché
il GW non è un “credo religioso” ma un dato di fatto, continuamente dimostrato
da fior fior di articoli internazionali frutto dei più avanzati studi ed Enti di
Ricerca a livello mondiale; l’immagine sotto parla da sola.
Anomalia media globale dal 1880 a oggi: non servono commenti.
Dato per certo il GW e date per certe le colpe della società
consumistica, il fulcro del mio articolo è: cosa si può DAVVERO fare per
LIMITARE il riscaldamento globale? N.B.: ho usato il verbo limitare e non
fermare, poiché se anche bloccassimo del tutto ogni tipo di immissione di CO2 e
gas climalteranti avremmo i risultati fra 20-40 anni, a seconda del tempo di
residenza del gas immesso.
Ho letto sulla mia pagina personale tantissimi commenti contro
l’uscita degli USA dalla COP21 (e ciò mi fa piacere) ma chiedo a costoro: cosa
fate davvero per dimostrare la vostra contrarietà? È un mero controsenso
accusare gli USA di un gesto scellerato se poi si è i primi a consumare
risorse, far male la raccolta differenziata, comprare le noci dal Cile o le
pere dall’Australia, acquistare SUV, viaggiare sempre in aereo o usare il
condizionatore a 24° in casa (o anche meno!). Facendo così si predica bene e
razzola male, poiché da un lato si critica il modello consumistico degli USA,
ma dall’altro lo si adotta nella vita quotidiana perché ci fa comodo.
Il cambiamento del nostro stile di vita deve partire da
OGNUNO DI NOI, a prescindere da ciò che fanno i potenti. Certo, se questi
ultimi avessero un po’ di buon senso non sarebbe male, ma la realtà è diversa,
pertanto -poiché non si vive nel mondo delle favole- si deve cominciare a
cambiare stile di vita, più sobrio e meno consumistico, senza rinunciare in
alcun modo al nostro (ALTO) livello di benessere: visto che ci siamo già
giocati oltre 1.5°C dall’era pre-industriale, la COP21 ci dice che non possiamo
più permetterci di vivere consumando così tanto, ma anzi servono scelte
drastiche.
Non aspettiamo il Mago Merlino di turno che promette di
risolvere i problemi futuri ma incentiva cementificazione o industrie ad alto
impatti ambientale: i problemi sono qui e ora (si veda questo mese di giugno
2017) e ognuno di noi ha il dovere di dare il buon esempio. Come? Ecco una
breve lista di piccoli gesti che se attuati da tutti potrebbero già far
qualcosa di importante, SENZA CHE IL BENESSERE DI CIASCUNO VADA A CALARE.
1)
Impara a usare la locuzione “strettamente
necessario”, qui abbreviata in “ST”
2)
Usa l’auto solo se ST, prediligi mezzi pubblici,
bici, scooter elettrici e le gambe
3)
Acquista (qualsiasi cosa) solo se ST; dai una
seconda vita alla roba, io non compro praticamente nulla; siamo circondati di
oggetti di ogni tipo, anche inutili, non ha senso comprare ancora
4)
Riusa, ricicla, risparmia: in tempo di crisi fa
bene sia all’ambiente sia al portafogli; non lamentiamoci della crisi infinita se sprechiamo soldi in cose inutili
5)
Prediligi i prodotti di stagione o a km0, evita
di acquistare le noci dal Cile o le pere dall’Australia
6)
Usa l’aereo solo se ST, non serve andare nelle
mete esotiche mangiasoldi per avere un mare cristallino, basta il nostro
Belpaese dopo una giornata di correnti settentrionali
7)
Usa riscaldamenti e condizionamenti con
parsimonia: riscaldamenti sotto i 20°C, condizionamenti sopra i 28°C (più o
meno come faccio io).
domenica 4 giugno 2017
RESILIENZA E COMPORTAMENTI IN CASO DI EVENTO ESTREMO: COME MAI SIAMO ANCORA COSI' IMPREPARATI?
Quotidianamente si vedono scene di panico di ogni tipo:
eventi naturali estremi, attentati terroristici, panico tra la folla ecc. Il
minimo comun denominatore di tutti questi fenomeni infausti (e di altri) è il
“Non sapere cosa fare”. Già, dovrebbe essere logico pensare a un piano di
salvezza per le persone in caso di grave pericolo (che sia naturale o
antropico): e invece a ogni disgrazia c’è sempre qualcosa che non va. Lascio
stare i casi dovuti alla follia umana a sociologi e psichiatri e mi concentro su quelli
naturali: ci si chiede come mai, ogniqualvolta che c’è una disgrazia, ci scappi
sempre un morto (o anche ben più di uno) che poteva essere evitato: ovviamente
faccio riferimento a terremoti, alluvioni, frane, valanghe ecc.
immagine concessa da ilcambiamento.it
Il punto è che manca totalmente la cultura della resilienza
e dell’agire in caso di serio pericolo: noi non siamo capaci di
reagire con freddezza e in maniera corretta allorquando c’è una situazione ove non abbiamo il controllo. Tre esempi ai
limiti del grottesco: il primo è stato nel tornado di Dolo e Mira del 2015
quando due imprudenti signori hanno filmano il cono tornadico a poche decine di
metri, non pensando all’incredibile rischio cui sono andati incontro; il
secondo quando alcune persone che, costrette a stare in tenda (il luogo più
sicuro in caso di terremoto), sono schizzare fuori impaurite allorquando c’è
stata un’altra scossa tellurica (non ricordo di preciso quale terremoto fosse);
il terzo quando il folle di turno rimane annegato con la macchina in un
sottopasso allagato dopo un nubifragio.
Questi tre esempi denotano la totale mancanza di conoscenza
in caso di forte pericolo, ma io non do colpe a costoro (a parte forse il terzo
caso…): permettetemi la frase scorretta che “nessuno nasce imparato”, quindi la
vera colpa è di CHI (NON) CI INSEGNA, ovvero della scuola. Quest’ultima (e lo
dice un docente di matematica e fisica) non insegna affatto a essere
resilienti (a come adattarsi cioè a eventi estremi SEMPRE più frequenti), ma insegna una valanga di nozionismo mnemonico, pochissimo di pratico e sforna un sacco di giovani che, non sapendo fare quasi nulla (non sanno aggiustare, riparare, coltivare, adattarsi, e tra questi mi mettevo anche io!), sono
obbligati a cercarsi un lavoro (spesso sotto ricatti, soprusi, orari assurdi,
festività annullate e altro) perché sono obbligati a comprare tutto. Se invece
la scuola insegnasse un po’ meno astrattismo e nozionismo e un po’ più di
manualità e resilienza ne gioveremmo tutti. In fondo, la cultura uno se la può
fare crescendo: chi di voi a 15 anni amava alla follia le tediose interrogazioni sulle
frasi manzoniane o dantesche (nulla togliendo a due signori che hanno fatto la
storia della letteratura) oppure alle (pressochè) inutili dimostrazioni di
formule e teoremi?
Una maggiore preparazione nei casi estremi nonché una
maggiore conoscenza ambientale sono argomenti fondamentali, poiché in caso di
emergenza si salva chi agisce correttamente con freddezza e razionalità.
Sia chiaro, ogni materia scolastica ha la sua indubbia
utilità, ma argomenti come etica ambientale, economia ambientale e
territoriale, geologia ecc. dovrebbero avere un ruolo PRIMARIO nell’istruzione,
a tutti i livelli e in tutti gli indirizzi scolastici.
A proposito di detti, io rivedrei un po’ l’aforisma “un
popolo ignorante è più facile da governare”, o meglio lo rigirerei dicendo “non
è detto che un popolo istruito faccia scelte sagge e resilienti”: chiedere agli Stati
Uniti per conferma (paese di indubbia egemonia mondiale, in cima a tutti i
ranking per eccellenze in ogni tipo, mito mondiale di benessere, con le
università più avanzate e una bassissima disoccupazione).
mercoledì 10 maggio 2017
APRILE 2017: UN MESE DAI CONNOTATI ESTREMI
Aprile 2017 verrà ricordato come uno dei mesi più bizzarri
degli ultimi anni: una delle possibili conseguenze del riscaldamento globale
(come spiegato QUI) è l’estremizzazione dei fenomeni, nonché il rafforzamento
delle situazioni di blocco.
Dopo una prima parte del mese con discreta instabilità, nell'area milanese vi è
stata una lunghissima fase stabile (insolita per il mese, ma sempre meno
insolita per la “nuova normalità”), con 10 giorni consecutivi praticamente a
eliofania totale e completa assenza di qualsiasi fenomeno precipitativo. Nei primi 15 giorni aprile ha accumulato
un’anomalia veramente esagerata (quantificabile in circa 4°C), difficilissima
da riassorbire. Infatti, nonostante la doppia fase fredda (veramente fredda se
consideriamo gli anni 2000, non eccezionale se consideriamo il XX secolo) il
mese ha chiuso con 1.87°C sopra media, quindi come mese “Molto caldo”: ancora
una volta il GW ci insegna che ci possono essere fasi di freddo anche intenso
per la stagione, ma sempre più corte e limitate arealmente rispetto alle
anomalie calde; il problema è che le prime fanno notizia (gelo in pianura,
nevicate forti a quote basse ecc.), le seconde no (avete mai sentito di
articoli giornalistici che a inizio mese parlavano di “caldo fuori stagione”?)
Capitolo piogge: mese estremo, 107 mm accumulati (quindi in
surplus del 30%), ma estremamente mal distribuiti, ben 80 mm in sole 36 ore e
una fase di 22 giorni senza piogge!
Alcune considerazioni e curiosità di questo mese bizzarro
1)
Diverse stazioni della Pianura padana hanno
superato i 26°C nella prima decade senza effetto favonico: questo fatto è
accaduto solo nel 2007 e nel 2011. In altre parole, prima del 2007 non si era
mai verificato in 200 anni.
2)
Alcune stazioni del Piemonte (dati ArpaPiemonte) hanno
avuto minime negative in dicembre, gennaio e…fine aprile!
3)
Diverse località del Friuli (dati OSMER) hanno
avuto dei cumulati veramente monsonici, con 550 mm in 72 ore! È vero che queste
stazioni superano i 3000 mm annui, ma accumuli simili in così poco tempo sono
veramente eccezionali, soprattutto se consideriamo che le prime due decadi sono
state quasi del tutto asciutte.
4)
Varese Nord ha ricevuto la neve nella mattina
del 28 aprile (!), non accadeva da decenni alle porte di maggio, sebbene questo
fenomeno non sia paragonabile all’episodio dell’aprile 1991. Per la suddetta città è la nevicata più tardiva della sua storia recente, eppure il mese ha chiuso oltre 2°C più caldo.
Capitolo sole: il mese è stato estremamente soleggiato -ben
9 ore di eliofania media!-, un valore simile al mese di luglio, nonché una
umidità relativa mensile di soli 59% (la media di aprile è 76% e in un paio di
giorni ci sono stati valori veramente estremi di 2-3-4%!!).
Una curiosità per concludere l’articolo: molte persone
potrebbero pensare che questo mese di aprile 2017 sarà ricordato per il gelo
tardivo o per le piogge severe e concentrate in pochi giorni. Queste due caratteristiche
non sono -secondo me- insolite, basti pensare che le gelate tardive accadono
sovente in primavera, oppure i mesi di novembre 2011 e settembre 2016 hanno
ricevuto la quasi totalità delle piogge mensili in poche ore.
Secondo me la vera caratteristica insolita anche per gli
anni 2000 è includere contemporaneamente un mese molto caldo con gelate intense
tardive, un mese molto piovoso con piogge concentrate in 48 ore e al tempo
stesso arido e con soleggiamento estremo. Sembrano una serie di contraddizioni
eppure i dati oggettivamente dicono questo: aprile 2017 ha avuto localmente le
gelate più tardive da decenni eppure è stato molto caldo, è stato altresì soleggiatissimo,
arido e piuttosto piovoso. Che la “nuova normalità” sforni mesi sempre più estremi
in un futuro non tanto remoto?
Umidità veramente estreme (2-3%!!) il giorno 20 aprile (cortesia CML).
Punti di rugiada veramente estremi per le nostre latitudini.
Freddo intenso (per la stagione) all'alba del 19 aprile nell'alessandrino.
Piogge monsoniche (fonte OSMER) sul Friuli: 562.6 mm in 72 ore, non molto diverso dai cumulati del Bangladesh
mercoledì 3 maggio 2017
1 MAGGIO 2017: POMERIGGIO ECCEZIONALMENTE FREDDO SULLA LOMBARDIA OCCIDENTALE
Dal 18 aprile scorso s’è aperta una fase decisamente più
dinamica per l’Italia settentrionale e dal 26 aprile sono tornate le piogge con notevole
frequenza al nord. Il 1° maggio 2017 è stata una giornata piuttosto fredda per
la stagione: un debole cavo d’onda sulla verticale delle Alpi ha portato
instabilità moderata e diffusa, con piogge e temporali su buona parte del
Nord-Ovest. La cartina qui sotto mostra le temperature (bassissime!) delle ore
18, più consone a fine febbraio!
La cartina mostra le temperature alle ore 18 del 1° maggio:
sotto piogge e temporali, c’erano a Milano c'erano sette (SETTE) gradi alla suddetta ora, mentre a Varese 5-6. È una
temperatura straordinariamente bassa per il mese di maggio, fatto estremamente
raro negli ultimi decenni, più possibile (ma sempre insolito) anche per il
XIX-XX secolo.
Vi faccio notare due puntualizzazioni
1)
Non si può parlare di “evento storico”, poiché è
stata una temperatura indotta da un cavo d’onda locale, dai moti convettivi e
dall’orografia della Lombardia (infatti nel mantovano c’erano 15°C, valore
tutt’altro che eccezionale); NON c’è stata un’avvezione di aria polare.
2)
Nel 1800 si segnavano le temperature alle ore 18
e pertanto la massima sarebbe stata segnata molto probabilmente come 8°C,
mentre al mattino si è saliti fino a 11°C, quindi il valore dell’epoca non
sarebbe stato corretto.
Sorge
spontanea una domanda: le misure del’800 sono affette da errori sistematici? Sicuramente
hanno delle incertezze rispetto a oggi, ciò non toglie che:
1)
Eventi come il 1° maggio scorso sono molto rari
e del tutto ininfluenti sulla media termica ANNUALE
2)
Questo fatto NON deve presupporre la non
esistenza del GW, fatto noto e dimostrato (non mi stancherò mai di dirlo).
Un’ultima
considerazione: il pomeriggio del 1° maggio, straordinariamente freddo sulla Lombardia occidentale, NON è -ancora una
volta- IN CONTRASTO COL RISCALDAMENTO GLOBALE: le medie si fanno su scale
spaziali planetarie e scale temporali annuali/decennali. Se anche
ipoteticamente ci fosse la neve in Pianura a maggio non sarebbe in contrasto
col GW, a meno che non inizi UNA SERIE di mesi più freddi della media, sia a
livello italiano, sia globale, ma per ora non c’è evidenza scientifica…
lunedì 24 aprile 2017
ONDATA DI FREDDO TARDIVO DEL 18-22 APRILE: QUALCHE CONSIDERAZIONE
Questo episodio, di gran lunga il più intenso nel mese di
aprile degli anni 2010, non è di per sé un fenomeno eccezionale, soprattutto se
paragonato a ondate di freddo tardive della prima metà del ‘900.
Una volta cessato l’effetto favonico, grazie a un’atmosfera
estremamente secca, le temperature notturne sono scese a valori veramente bassi
per la seconda metà di aprile, come testimoniano i -3,8 °C a Masserano, -3.6 °C
a Ceva e San Damiano Borbore, i -2.3°C ad Alessandria-Lobbi record storico
assoluto per il mese (fonte: ARPA Piemonte). Al di là di queste temperature veramente
basse, dettate dalla massa d’aria artica e dal livello bassissimo di umidità,
ci si chiede come mai il mese di aprile quasi sicuramente chiuderà con valori
sopra-media importanti. A tal proposito, vi propongo le suddette
considerazioni:
1) i primi 15 giorni di aprile sono stati
esageratamente caldi, con punte di 26°C (non favonici!) in Romagna e Veneto,
altrettanto soleggiati e secchi: una breve ondata di freddo (seppur notevole
per il periodo) non riesce a compensare 15 giorni caldi.
2) i danni all’agricoltura sono stati enormi per
due motivi:
a) si veniva da un periodo molto
caldo, che ha contribuito a uno stadio di fioritura avanzato per la stagione
b) ci sono state notevoli
grandinate (come se non bastasse), enfatizzate dagli scambi termoigrometrici estremi
c) l’aria secchissima ha permesso
le cosiddette “black frosts”, cioè le temutissime gelate secche, foriere di
danni alll’agricoltura anche nel passato remoto: se le minime sono state
sottozero, valori igrometrici così bassi hanno permesso un ulteriore
abbassamento termico nei primissimi strati di suolo, vale a dire che se la
temperatura della stazione meteo (a 2 metri, NON AL SUOLO!) segnava -2°C, il
suolo poteva arrivare a -7°C, un valore tipico di inizio febbraio. È facile
capire gli immensi danni ai fiori e ai frutti.
4) il Global Warming, piuttosto, dimostra come si possano avere sempre più fenomeni estremi, non solo come eventi singoli, ma anche come andamenti termopluviometrici: passare da fine maggio a inizio febbraio in 48 ore è un fenomeno singolare anche per un mese “ballerino” come aprile
Vi ricordate nel mio articolo quando dicevo “o fa caldo per molto tempo o fa molto freddo per molto tempo (meno probabile e duraturo ma sempre possibile)”? Eccone la prova!
andamento termico di dei primi 23 giorni del mese di aprile per l'area milanese: evidentissimo il calo termico tra il 17 e il 22.
Un’ultima nota di carattere etico e non strettamente climatico: ma come è possibile che delle assurde leggi permettano di tenere i caloriferi accesi a marzo (con 26°C!) e spenti nelle notti di aprile con -3°C? Non è un’autentica follia di chi promulga le leggi e nulla sa di meteo? È da tanto tempo che dico che “l’accensione di un riscaldamento non la fa il calendario ma il buon senso”: può essere spento a marzo come acceso a maggio, basta avere il buon senso di mantenere 20-22°C costanti, a prescindere dalla stagione. Anche perché uffici ed energivori centri commerciali li accendono quando pare e piace, mentre gli abitanti che hanno il centralizzato devono patire 25°C a marzo e 17°C ad aprile. Follie all’italiana…
domenica 12 marzo 2017
10 MARZO O 10 MAGGIO?
L’arrivo dell’alta pressione, unito a un moderato gradiente
di pressione tra zona Cispadana e Transpadana ha favorito l’instaurarsi di un
intenso effetto favonico NON originato da avvezione fredda. Un episodio simile
non è di per sé raro, ed è la tipica situazione dove le temperature al suolo
lievitano considerevolmente: non è inusuale, infatti, che si sfiorino o
addirittura ritocchino i record storici mensili e/o decadali. Il problema è che
negli ultimi decenni c’è una maggior frequenza di questi episodi (sia chiaro,
sempre accaduti anche nei periodi passati). L’evento di gran lunga più
eccezionale fu quello dell’8-9 aprile 2011 (QUI accuratamente descritto), dove
vennero letteralmente stracciati record termici plurisecolari. Altri episodi di eccezionalità si sono avuti
nel marzo 2005 e 2014, ben più intensi di quest’ultimo (in ambedue i casi le
massime hanno superato i 27°C!), ciò non toglie che un evento simile si sia
registrato il 27 dicembre 2016 (QUI il mio articolo approfondito), quindi due
casi in tre mesi…
La cartina (cortesia CML) mostra le UR davvero desertiche del 10 marzo 2017: nonostante la Lombardia occidentale sia sovente interessata da effetti favonici, registrare certi valori è comunque inusuale. Alle 22 di quel giorno si registravano ancora UR del 10-13%i e in camera mia avevo UR attorno al 9%, portata a 28% con tre ore di vaporizzatore!
La foto (cortesia CML) mostra i dati della stazione meteo amatoriale di Somma Lombardo (VA): si notino UR minime da Penisola Arabica (3%!) e punti di rugiada estremi (-25.6°C).
domenica 19 febbraio 2017
Collaborazione con Vero Volley Channel
Gentili lettori,
ho il piacere di annunciarvi la mia collaborazione quotidiana con la radio VERO VOLLEY CHANNEL.
È una radio on-line, ascoltabile a questo link.
http://www.verovolleychannel.it/
Eseguirò le previsioni da lunedì a venerdì su tutta Italia e sarò trasmesso ogni giorno a cadenza oraria (dal primo mattino fin sera).
Ringrazio sentitamente il prof. F. Marsala per avermi concesso questo onore.
Buon ascolto a tutti!
Davide Santini
ho il piacere di annunciarvi la mia collaborazione quotidiana con la radio VERO VOLLEY CHANNEL.
È una radio on-line, ascoltabile a questo link.
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Eseguirò le previsioni da lunedì a venerdì su tutta Italia e sarò trasmesso ogni giorno a cadenza oraria (dal primo mattino fin sera).
Ringrazio sentitamente il prof. F. Marsala per avermi concesso questo onore.
Buon ascolto a tutti!
Davide Santini
giovedì 16 febbraio 2017
P COME PREVENZIONE
“Ogni euro investito in prevenzione ne fa risparmiare otto
per danni evitati”: è con questa frase di F. Gatti (consorzio di bonifica della
media Pianura bergamasca, 2014) che introduco questo articolo. L’importanza
della prevenzione è enorme, non solo dal lato economico, ma anche dalla
(mancata!) conta di vite umane. In un paese come il nostro, con elevatissimo
rischio idrogeologico, sismico e vulcanologico, investire sulla prevenzione è
un imperativo: ma cosa si intende per prevenzione?
Il 69% dei comuni italiani ha un rischio di frane e smottamenti, che va da "trascurabile" a "molto elevato" (fonte LookOutNews, basato sui dati gentilmente concessi dalla Protezione Civile (2015).
Possiamo rispondere a questa
domanda distinguendo tre categorie.
1) prevenzione in caso di fenomeno
atmosferico: allorquando ci sono scontri tra masse d’aria notevolmente diverse
(caldo-umida da una parte e fredda dall’altra) lo sviluppo di temporali di
forte intensità dà luogo a possibili frane e smottamenti, nonché ad alluvioni
lampo (localizzate e improvvise, difficilmente prevedibili) oppure areali (su
vasta scala, lente ed inesorabili, ma più facilmente contrastabili)
2) prevenzione nel caso di fenomeno sismico-vulcanologico: a
differenza di quello meteo, questi casi non sono prevedibili (soprattutto i
terremoti), pertanto le soluzioni sono da un lato costruire abitazioni e luoghi
pubblici antisismici e dall’altro informare la popolazione residente su quali
strategie adottare in caso di emergenza
3) informare i cittadini, tramite lezioni a scuola,
esercitazioni di evacuazioni in caso di scossa tellurica, comportamenti da
adottare in caso di frana, smottamento, alluvione o valanga.
Questi tre punti spesso sono poco divulgati, anche se per
fortuna negli ultimi anni c’è stata una maggiore sensibilizzazione (dopo i
continui disastri!): il caso recente migliore (che riporto ancora) è stato
nell’allarme ottimamente recepito per l’eventuale alluvione dell’ottobre 2016
per la città di Genova. Dopo la disastrosa alluvione del novembre 2011, dove
persero la vita 11 persone perché tutte le scuole e gli uffici erano aperti
(!) si è deciso che quando c’è l’allerta massima (cosa sovente in autunno) si
devono limitare al minimo tutti gli spostamenti e lasciare le strade libere per
eventuali mezzi di emergenza. E ha funzionato, grazie sia all'allerta, sia al fatto che il sistema
autorigenerante del 2016 è stato -per fortuna- meno severo di quello del 2011.
Il punto 2, purtroppo, non è ancora affatto recepito
correttamente, come ha dimostrato il devastante terremoto del 24 agosto 2016 (e
successive scosse) del Centro Italia. La popolazione, che risiedeva in
abitazioni fuori luogo e insicure, nonché del tutto priva di nozioni
scientifiche in caso di scossa tellurica, ha adottato i comportamenti più
svariati. Ricordo un’affermazione del geologo M. Tozzi che era “sconvolto” dal
fatto che, non appena ci fu una delle interminabili scosse successive, alcuni
abitanti che vivevano in tende (luoghi SICURI che NON crollano) sono schizzate fuori
per strada impaurite, quando dovrebbero essere “rassicurate” nel vivere
(momentaneamente) in un luogo strutturalmente sicuro.
Personalmente reputo fondamentale inserire in ambito
scolastico l’ora settimanale di educazione ambientale, dove sarebbe opportuno
informare e coinvolgere i giovani circa i cambiamenti climatici, la
prevenzione, i comportamenti etico-ambientali da adottare e da evitare: se insegniamo loro come
si crea una società resiliente (cioè che si adatta a forzanti esterne senza
essere stravolta) eviteremo in futuro la conta di vite umane e risparmieremo
una montagna di soldi (presi dalle tasse, ricordo, quindi soldi di tutti!): se
non seguiremo questa via, ogni anno avremo una nuova strage e continueremo a
dire “non abbiamo imparato nulla, si sapeva che era una zona a rischio e non è
stato fatto nulla”. Il nostro territorio è già di per sé fragile e se entrano
in gioco i cambiamenti climatici possono essere ulteriori dolori…
martedì 7 febbraio 2017
GENNAIO 2017: UNA SCOMODA VERITÀ (SECONDA PARTE)
In questo mio articolo ho analizzato gli effetti negativi
del mese di gennaio dal punto di vista meteorologico. Adesso tratterò da un
altro punto di vista: quello etico-economico.
Schema della tragedia del Rigopiano (cortesia di Daniele Cirillo)
La nostra società che ha tutto e desidera tutto è al tempo
stesso iper-tecnologica e altrettanto fragile. Nonostante i numerosissimi mezzi
di prevenzione e di soccorso, c’è stata l’ennesima tragedia (Hotel Rigopiano) e
l’ennesimo enorme disagio (interi paesi senza luce, riscaldamento né acqua per
giorni). Ma come è possibile che l’umanità che è andata sulla Luna si faccia
prendere in contropiede da…un ingresso di aria artica continentale? Com’è
possibile che ci siano al giorno d’oggi le app più folli e inutili, le
tecnologie più impensabili anche sulle comuni auto utilitarie e in casi come
quello del gennaio 2017 sopravvive chi si scalda a legna e vive a lume di
candela? La risposta è semplice: la nostra società vuole avere sempre tutto
sotto controllo e non è affatto resiliente: chi vive in taluni posti SA E DEVE
SAPERE che vive in zone assai nevose (oltre che sismiche…!), quindi deve
convivere col rischio di fenomeni simili: se poi ci si mettono anche i
cambiamenti climatici beh…ci vuole davvero una campagna di informazione
corretta. Purtroppo spesso e volentieri la gente comune non è affatto informata
su eventuali criticità oppure su comportamenti da adottare in caso di evento
estremo. Oltretutto, in diverse realtà si è costruito dove NON si sarebbe
dovuto: il caso lampante è la città di Genova, sempre alle prese col rischio
idrogeologico: ma allora come si fa? Spostiamo tutti i genovesi altrove?
Spostiamo gli abruzzesi e i molisani altrove? Le risposte possono essere varie
ed eventuali e si scontrano (giustamente) con l’etica, le tradizioni, i costumi
e le radici di ognuno di noi: un eventuale sfollamento per fenomeni intensi
rischia di far passare queste persone come “profughi climatici”. E nonostante i
beoti che sono pro-riscaldamento globale, i profughi climatici ci sono già e ci
saranno sempre di più: un esempio terraterra è quello dell’estate 2015, dove
molti cittadini, infastiditi dall’eterna ondata di calore, si sono riversati in
collina e montagna. È o non è un esodo da cambiamenti climatici? Ce lo siamo
già scordato? Forse il gelido gennaio 2017 ce l’ha fatto dimenticare: beh io
sono qui a ricordarvelo!
Ma torniamo al caso di rischio di fenomeni violenti:
allorquando c’è un rischio CONCLAMATO (e al giorno d’oggi si può prevedere con
ragionevole probabilità un’alluvione) si deve ALLERTARE la popolazione, devono chiudere
uffici, scuole, negozi e in caso estremo
SGOMBERARE quella zona: meglio uno sforzo prima che la conta dei danni (e delle
vittime) poi, non credete?
Fermo restando che se poi la catastrofe non c’è ci si
arrabbia perché si ha perso un giorno di lavoro: vi giuro ho letto certe
assurdità! Ma scherziamo? Ma allora diventiamo schiavi del lavoro e del
guadagno! Un utente affermava che la ditta gli ha contato quello perso come
“giorno di vacanza” e gli rimanevano 20 miseri giorni di ferie: un altro utente
si lamentava che, essendo libero professionista, aveva avuto mancati guadagni
per quel giorno. Queste due storie al limite del grottesco sono ahimè reali e
il problema è dell’uomo (non certo della natura), che con la sua visione
pecuniaria, monetizzante e capitalistica di ogni cosa si autocrea danni da
solo, in nome del lavoro e del denaro. In fondo, decenni fa probabilmente non ci saremo dovuti spostare per
andare a lavoro con due metri di neve, saremmo rimasti chiusi per un paio di
giorni nelle nostre case e probabilmente ci sarebbero stati meno danni.
Capitalismo e ritmi della natura non vanno di pari passo: bastano pochi cm di
neve o mm di acqua per mandare in tilt gli spostamenti, molte persone si
arrabbiano se piove, se nevica, se grandina, se fa caldo, se fa freddo… la
verità è che codeste persone sono ahimè frustrate: mi è capitato di sentire una
persona che si imbufaliva perché nell’unica (!!!) settimana di ferie estiva
capitava il regime atlantico foriero di temporali, mandando alle ortiche le sue
brevissime vacanze. La verità è che i ritmi di lavoro e della società odierna
dove vogliamo tutto e subito (come se non ci fosse un domani) ci stanno facendo
odiare qualsiasi tipo di tempo, qualsiasi clima, qualsiasi evento atmosferico.
Dovremmo abbandonare questa folle corsa verso il nulla (Per andare dove? Per
vincere cosa?) e riabbracciare la filosofia della natura, della lentezza e
della sobrietà. E –non da ultimo- fare prevenzione, prevenzione e ancora
prevenzione. Insegnare nelle scuole quanto l’uomo sia complice del
riscaldamento globale, quanto le generazioni attuali e future, anziché
imbambolarsi dietro i telefonini da 500€, possano fare per fermare il global
warming ed evitare un “nuovo rigopiano” o una nuova alluvione. Vogliamo vivere
serenamente in armonia con la natura (in maniera resiliente) o vogliamo ancora
stupirci di una futura alluvione, magari per mancanza di gasolio o per cattiva
manutenzione? Anziché mandare sonde o voler abitare Marte, anziché finanziare
guerre o app che ti dicono qual è il ristorante più chic della zona, vogliamo
finanziare ciò che veramente serve e fa risparmiare vite umane, risorse ambientali
e soldi pubblici, ovvero la cultura dell’ambiente e la prevenzione?
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